Nell’Antico
Testamento il nome che ricorre più frequentemente è Yhwh
(6800 volte), ed è considerato il nome proprio di Dio, perché così
egli si rivela a Mosè nel libro dell’Esodo (3:14): “Io sono
colui che è”. Yhwh
ha la stessa radice del verbo essere (hawah
in ebraico antico), ma la sua pronuncia è incerta, perché la lingua
scritta ebraica non ha consonanti. Yahweh
è l’ipotesi più accreditata e si ritiene che derivi dalla
pronuncia samaritana del nome divino (in greco Jabe).
L’italiano Geova
deriva dal latino Jehova,
e sarebbe il risultato della vocalizzazione fatta ad opera dei
Masoreti, i rabbini ebrei che inserirono nel tetagramma le vocali di
Adhonay,
“mio Signore”. Il risultato, Yhowah,
sarebbe servito agli ebrei, che non pronunciano il sacro nome di Dio
per precetto, per ricordarsi di sostituirlo con Adhonay (compare 400
volte). Elohim, che troviamo nel primo verso della Genesi (“In
principio Dio creò il cielo e la terra.”) è molto più frequente
(2500 volte): è il plurale di “el”, che significa potente, e
indica la forza creatrice della Trinità. Altri attributi frequenti:
Dio onnipotente (El Shaddaj), l’Altissimo (El Elyon), Dio d’Israele
(El-Elohè-israel), Dio eterno (El-olam) Dio padre (Abba). Nel nuovo
testamento Yahweh
non compare mai, ma sono molto frequenti il
Signore
(Kyrios
in greco), il
Nome,
e l’Eterno.
La versione francese della Bibbia di Gerusalemme, redatta nel 1955 ad
opera dei domenicani, sostituisce Yahweh
con gli altri epiteti, di cui il più frequente è il
Signore.
La stessa cosa, per rispetto verso gli Ebrei, tendono a farla le
altre traduzioni moderne della Bibbia.
In
collaborazione con:
Jean
Louis P. Ska,
biblista del Pontificio Istituto Biblico di Roma.
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