venerdì 1 marzo 2013

Perchè gli uomini non hanno le iridi di colore giallo?

Il colore dei nostri occhi dipende dalla melanina (un pigmento di per sé incolore presente nell’uomo non solo su pelle e capelli ma anche nell'iride), L’iride è una membrana, e funziona come uno schermo che, in base alla quantità di melanina presente, riflette la luce in maniera diversa. Gli occhi con minor quantità di melanina riflettono la luce azzurra, quelli che ne hanno di più hanno un colore che va dal verde al castano scuro.
Il colore del mare funziona in maniera simile: infatti di per sé è fatto di acqua, e quindi è incolore. Noi però lo vediamo colorato perché riflette la luce naturale, e, in base al tipo di fondale, alle ore del giorno o al clima, cambia colore da azzurro a verde scuro.
Le iridi gialle sono invece comuni in alcuni animali, come il gatto, il gufo o la civetta, e sono dovute alle lipofuscine, un pigmento giallo (presente anche su pelo e pelle) con proprietà autofluorescenti, che permette loro di vedere bene al buio. Le lipofuscine sono presenti anche nell’uomo, ma in minore quantità rispetto alla melanina, che quindi prevale nell’influenzare il colore di pelle, capelli e occhi.

In collaborazione con: Dott.ssa Luisa Pinello, Responsabile Centro per l’Ipovisione dell’Età evolutiva, Dipartimento di Pediatria, Università di Padova.

giovedì 28 febbraio 2013

Cos’è il sufismo?

Gatto in meditazione, da Miaoo.it
Il sufismo è una forma di meditazione ascetica legata alla cultura islamica e all’insegnamento del Corano. La parola sufismo ha tre possibili origini: da "ahl us-Suffa", ("quelli della veranda"), cioè i compagni del Profeta che avevano rinunciato a tutto per vivere con lui; da Suf, la lana del saio che portavano i primi asceti che vivevano nel deserto; da safa, la purezza interiore oggetto della ricerca mistica. Il primo teologo sufi fu Hasan al-Basri (700 d.C. circa), che predicava la rinuncia alle ambizioni mondane, ma le prime forme di misticismo, derivate anche da influenze cristiane, sono associate al nome di una irachena, Râbiah al-Adawiyyah (fine 700). Queste tendenze sufiste furono condannate dalla maggior parte dei teologi musulmani, che consideravano l'amore mistico per Dio un indecente abbassamento della divinità al livello umano. Il filo comune alle scuole di pensiero sufi e alle 39 confraternite attualmente esistenti è l’approfondimento interiore dei precetti religiosi. Nelle confraternite si tende a creare un rapporto molto stretto tra discepolo e maestro, che affrontano insieme le fasi dell'ascesi (pentimento, stato di gioia e purezza, estinzione dell’Io in Allah). Per raggiungere lo stato di trance mistica i sufisti ricorrono ad alcune tecniche respiratorie, danze simboliche, ripetizione del nome o degli attributi di Dio. Queste pratiche, assieme al culto dei santi, spesso ancora in vita, in passato furono oggetto di persecuzione, perché considerate estranee all'ideologia islamica tradizionale.

Quali parametri deve avere uno sport per essere considerato estremo?

Sono tre le caratteristiche principali che distinguono uno sport estremo da uno tradizionale: difficoltà, pericolosità e sforzo fisico a livelli elevati. Generalmente tutti gli sport d’azione hanno questi parametri, ma per essere considerato estremo uno sport deve essere anche: nuovo, poco diffuso e rivolto a un pubblico molto giovane. Il rugby infatti, pur essendo pericoloso e di notevole sforzo fisico, non è definito “estremo”. Fin dalla fine degli anni Novanta, in America, dove è nata questa distinzione, erano considerati estremi gli sport d’azione poco praticati, come la pesca subacquea, il rock climbing, (alpinismo) o quelli di nuova uscita, come il bungee jumping (salto nel vuoto con l’elastico).

Grazie poi agli X Games, l’evento sportivo annuale che vede in gara diversi sport d’azione, gli sport estremi sono aumentati di numero e diffusione. Eccone alcuni:
Best TrickMoto, dove vince la motocicletta meglio truccata, Freestyle Moto, gara di acrobazie con la moto, lo Skateboard Big Air, una sorta di salto in alto con lo skate, [edit] Rally Super Special

Surfing, gare su acqua con la tavola da surf ; Racing, gare tra veicoli (Motor Racing), barche (Board Racing), bici (Bike Racing); Snowboarding, gare sulla neve con la tavola da surf; alpinismo estremo, sci estremo. Ci sono inoltre alcune attività che pur non essendo dei veri e propri sport sono comunque considerati estremi, come lo spearfishing, uno sport da pesca che utilizza bastoni appuntiti o tecniche subacquee.
http://www.skatelog.com/x-games/2006/winter/

Quando è stata abolita la pena di morte in Italia?

Il testo della Costituzione Italiana, entrata in vigore il 1 gennaio 1948 abolì definitivamente la pena capitale per tutti i reati civili e militari commessi in tempo di pace. Nel Codice Penale di guerra invece rimase fino al 13 ottobre 1994, quando venne promulgata la legge che la sostituì con l’ergastolo.

In tempi meno recenti fu soppressa altre volte: nel 1786 il Granducato di Toscana fu il primo paese al mondo ad abolire la pena capitale e la tortura. Nel Regno d’Italia invece restò in vigore fino al 1889 quando fu abolita dal nuovo Codice Penale. Non era però di fatto più praticata dal 1877, l’anno dell’amnistia generale voluta da Umberto I di Savoia.
Nel 1926 però fu reintrodotta da Benito Mussolini per i crimini contro il governo e la famiglia reale. Quattro anni dopo il codice penale Rocco la estende ai reati gravi comuni.
L’ultima condanna a morte fu eseguita mediante fucilazione il 4 marzo 1947 alle Basse di Stura vicino a Torino, a danno di tre autori di omicidi a scopo di rapina.

Qual è l’opera più costosa mai rubata?

La “Gioconda” di Leonardo Da Vinci (1503-1507) fu acquistata nel 1514 dal re di Francia Francesco I per 4000 scudi, una cifra molto rilevante per l’epoca. Nell’anno in cui venne rubata, il 1911, il suo valore di mercato era già considerato inestimabile. Inizialmente furono sospettati del furto lo scrittore Guillaume Appollinaire e l’artista Pablo Picasso. Il vero ladro fu preso due anni dopo: Vincenzo Perugini, allora dipendente del Louvre, era riuscito ad uscire dal museo indisturbato portando la tela sotto il braccio.
Un’altra opera di grande valore rubata più volte e ritrovata di recente è “L’urlo” di Edward Munch (1893), valutato per una cifra che va da 59.6 a 74.5 milioni di dollari. Nel 2006 è stata ritrovata vicino Vienna anche la “Saliera” di Benvenuto Cellini (1540-1543), sottratta tre anni fa al Museo di Belle Arti di Vienna. La scultura, composta da una venere per il pepe e da un nettuno per il sale, ha un valore di 50 milioni di euro.
Non è mai stata ritrovata invece la Natività di Michelangelo Caravaggio, sottratta nel 1969 a Palermo, dall'altare maggiore dell'oratorio di San Lorenzo. Con un valore di 30 milioni di euro è considerato uno dei furti più gravi del patrimonio artistico italiano.
I furti più recenti di opere importanti sono avvenuti a Rio de Janeiro durante i festeggiamenti di carnevale 2006, e interessano tre quadri di Henri Matisse, Pablo Ricasso e Salvador Dalì, per un valore totale di 50 milioni di dollari. I “giardini di Lussembrugo” di Matisse è stato messo all’asta una settimana dopo il furto su un sito russo, ed è rimasto in vendita on-line per 4 ore a 13 milioni di dollari.

Perché ci si infila le dita nel naso?

È una forma di intimità con cui ci prendiamo cura del nostro corpo.
Ogni atto umano ha un tasso di esposizione a seconda di quanto pubblico e privato esso sia. Sovente opponiamo il pubblico al privato come se fossero due semplici alternative, ma in realtà fra una e l’altra vi è una gamma di gradi di esposizioni sociale. A un’estremità della scala troviamo gli atti totalmente privati, le cose che si fanno da soli, come defecarel, all’altra estremità quelli totalmente pubblici.
È una forma di iperesposizione accidentale, cioè quelle azioni fatte da chi crede di essere solo e non lo è. Quest’azione, come quella di pulirsi le orecchie e altre forme di pulizia personale, è solitamente non esposta, cioè limitata agli individui soli nelle loro stanza private. Per l’automobolista che si infila le dita nel naso è chiara questa distinzione, ma quando lo fa per qualche ragione l’automobile è diventata una stanza privata. Così, se nonha passeggeri che disturbano la sua solitudine, spesso si comporta come se si trovasse in completo isolamento, anche se in realtà è perfettamente visibile attraverso il finestrino. Oltre a infilarsi le dita nel naso lo si puòvedere in altre azioni private, come muoversi in maniera strana e muovere le labbra incontrollato a ritmo di musica, una cosa che se fosse con qualcuno non farebbe. Anora una volta quando si sente solo, isolato dal mondo esterno dalle pareti del suo territorio portatile, perde le sue inibizioni. Questa iperesposizione è una temporanea incapacità di adeguarsi ai gradi di esposizione.. l’autoinibizione in pubblico è spesso soltante una questione di grado, e una volta che l’osservatore si è sensibilizzato ai diversi gradi di esposizione delle attività quotidiani può scoprire anche le più piccole stonature.

Quando nascono i testimoni di geova?

I Testimoni di Geova sono gli eredi degli Studenti Biblici, un gruppo di cristiani che si dedicava allo studio delle Sacre Scritture fondato in Pennsylvania nel 1870 da un ex-avventista, Charles Taze Russell. Nel 1916, in seguito ad alcune novità introdotte dal nuovo capo Joseph Franklin Rutherford, come per esempio la predicazione di casa in casa, dagli Studenti si staccarono alcuni piccoli gruppi, dando origine ad altre confessioni come la Chiesa del Regno di Dio e la Chiesa Millenarista. Nel 1931 durante un congresso a Columbus (Ohio) Rutherford modificò il nome Studenti Biblici in Testimoni di Geova, rifacendosi al verso bibilico di Isaia 43: 10: “Voi sarete i miei testimoni” (Geova da Yahweh, “dio” nel Vecchio Testamento).
In Italia i primi gruppi si formarono nel 1903 a San Germano Chisone, vicino Pinerolo, dove nel 1908 si costituì la prima Congregazione. La Congregazione dei Testimoni di Geova è riconosciuta dallo Stato come confessione religiosa ed è la seconda religione formalmente organizzata dopo quella cattolica. L’Italia infatti è il paese europeo con il maggior numero di Testimoni: 234.972 proclamatori, 3.070 congregazioni, 4.082 persone battezzate.

Mito e leggenda sono la stessa cosa?

Sono entrambi racconti di fantasia, con origini popolari, che un tempo venivano tramandati oralmente. Il mito narra le vicende degli dèi antichi, mentre la leggenda trae spunto da fatti o personaggi storici. Il mito, dal greco “mythos”, cioè parola, fornisce spiegazioni sui grandi misteri della vita, come i fenomeni naturali, l’origine dell’universo, la morte e il senso della vita. La leggenda, dal latino “legènda”, cioè cose da leggere, rielabora fatti realmente accaduti, inventando alcuni episodi, o idealizzando le gesta di uomini eroici. Entrambi hanno un valore simbolico: il mito è pieno di metafore che suggeriscono soluzioni e risposte di stampo religioso a fatti inspiegabili e sentimenti ambigui (il mito di Narciso); la leggenda fornisce esempi da seguire (nel Medioevo la “legenda” era il libro delle vite dei Santi) e, inoltre, semplifica il racconto di episodi storici complessi o incerti (la leggenda di Atlantide). Grazie al riadattamento che alcuni miti hanno subito in epoca cristiana, capita spesso che lo stesso racconto sia oggetto di un mito e di una leggenda con ambientazioni e personaggi differenti (per esempio il mito di Edipo e la leggenda San Giuliano).

Che cos’è l’implantation?

L’implantation è un tipo di body art che proviene dagli Stati Uniti, un’alterazione del corpo umano per fini estetici. Ne esistono di tre tipi: sub-dermica, trans-dermica, extra-oculare.
L’implantation sub-dermica consiste nell’inserimento di gioielli o perle sotto la pelle, generalmente quella di braccia, mani e collo. Per motivi di sicurezza igienica le perle utilizzate sono di solito in titanio, o in plastica di qualità eleveta, e sono disposte in modo da formare decorazioni in rilievo: segni, immagini, ma anche scritte.
L’implantation trans-dermica invece è simile a un piercing molto elaborato: il gioiello in titanio, che in questo caso è generalmente di forma allungata, viene inserito in un foro, fatto passare attraverso la pelle e fatto uscire da un secondo foro vicino, in modo che le due estremità rimangano visibili in superficie.
Più complicata è l’implantation extraoculare, cioè l’inserimento di perline di platino sotto la congiuntiva dell’occhio: la superficie del bulbo oculare viene rialzata e separata con un liquido, in modo da creare uno spazio dove inserire decorazioni di perline a forma di cuore, di nota musicale o di stella, alte circa 32 mm. L’operazione, che per ora è praticata solo in una clinica medica di Rotterdam, è relativamente veloce, ma i suoi effetti a lungo termine sono ancora sconosciuti.

Cos’è l’iconoclastia?

Il termine iconoclastia letteralmente significa “distruzione delle immagini” (dal greco eikono-klastes), e nello specifico indica un movimento nato nell’Impero bizantino che, a fasi alterne, ostacolò l’uso delle immagini sacre, statue o quadri, per fini religiosi.
Il primo editto iconoclasta fu emanato nel 725 d.C. dall’imperatore di Bisanzio Leone III principalmente per due motivi: l’influenza della religione musulmana, che condannava la raffigurazione della divinità, e la preoccupazione per il fanatismo di cui erano oggetto alcune immagini religiose da parte dei fedeli. Non tutti però accettarono l’editto, come i papi Gregorio III e Gregorio IV. Quest’ultimo proclamò nel 731 la legittimità del culto delle immagini, nonostante le persecuzioni e la distruzione di icone e reliquie. In ambito artistico l’iconoclastia portò alla distruzione di numerosi capolavori ma favorì la nascita di opere di argomentazione diversa da quella religiosa. Nell’ 843 fu abolita dall’imperatrice Teodofora.
In Afghanistan. Il mullah Omar ha emanato un editto iconoclasta, in base al quale il 12 marzo 2002 sono state abbattute due statue, il Piccolo e il Grande Buddha, dell’epoca preislamica, nella valle di Bamiyan. L’editto segue una rigida interpretazione dei precetti islamici che vieta la presenza di qualsiasi forma d’arte che ricordi il passato preislamico del paese.

Perché ci si lava i denti con il dentifricio?

Lavarsi i denti con l’acqua non basta, perché per rimuovere le macchie sono necessarie sostanze collose e abrasive, contenute nel dentifricio. Una di queste è il solfato di sodio, che grazie all’azione sfregante dello spazzolino si attacca bene alle macchie per poi rimuoverle del tutto. Il dentifricio contiene anche altre sostanze indispensabili per l’igiene orale, per esempio gli agenti con proprietà antisettiche che prevengono la carie, come il fluorato di sodio o lo zinco, aromi come la menta per correggere l’alitosi e sostanze ad effetto benefico e protettivo come le vitamine e il calcio, spesso di origine animale. Per i vegetariani però esistono in commercio anche dentifrici che contengono solo calcio vegetale, cioè estratto dalla frutta.
Storia. L’inventore del dentifricio è considerato Scribonius Largus, un medico romano che nel I sec. d. C. mise a punto il primo miscuglio dedicato all’igiene orale: aceto e sale come antisettici, miele e schegge di vetro come agenti abrasivi. In realtà i primi dentifrici risalgono agli antichi Egizi, che nel IV sec. a. C. mescolavano insieme sale, pepe, foglie di menta e fiori di iris. I Romani invece usavano composti a base di urina umana, per le sue proprietà antisettiche. Ma è solo nel 1800 che l’abitudine al dentifricio prende piede: una pasta a base di sale, calcio, carbone e polvere di mattoni. I dentifrici moderni compaiono all’inizio del ‘900, in tubetti simili a quelli per i colori a tempera.

Cos’è il cyberpunk?

Il termine comparve per la prima volta nel 1980, come titolo di un racconto scritto da Bruce Bethke che così definiva i suoi personaggi cibernetici e punk, e in breve divenne un genere artistico a carattere fantascientifico molto in voga. I protagonisti dei racconti cyber vivono intorno al 2020 in un mondo decadente iper-tecnologico e utilizzano le loro conoscenze informatiche come strumento di lotta sociale contro un sistema governato dalle multinazionali. Evoluzioni tecnologiche, intelligenza artificiale e potenziamento del corpo umano sono le armi principali dei cyberpunk. Alcuni temi comuni del mondo cyberupunk: un linguaggio che mischia gergo da strada con termini tecnologici; il cyberspazio, un mondo virtuale dove i protagonisti si rifugiano dalla società nichilista in cui vivono; lo sprawl, la periferia delle grandi città dove vivono i cyberpunk e tutti i rifiuti della società; accessori tecnologici che potenziano le caratteristiche fisiche e cerebrali del corpo umano.
Alcuni libri famosi: Neuromante di William Gibson), Isola nella rete di Bruce Sterling, Halo di Torn Maddox, Snow Crash di Neal Stephenson.

Il cyberpunk oltre quello letterario interessa altri campi, come della musica generalmente tecno-commerciale, del cinema, ad esempio i film Blade Runner o il più recente Matrix, e della moda: indumenti dark e metal, occhiali a specchio o giacche in pelle danno l’idea del futurismo e sopperiscono alla mancanza nel mondo reale di accessori tecnologici indossabili.

Perché se ti specchi nella parte concava del cucchiaio ti vedi al contrario?

Si tratta di una legge fisica. I raggi di luce colpiscono gli specchi in direzione parallela, e per riflessione vengono respinti in diversi modi a seconda della superficie riflettente. Negli specchi piatti i raggi vengono respinti in parallelo per riflessione e restituiscono un’immagine liscia, quindi reale. In quelli concavi invece i raggi respinti vengono riuniti al centro della superficie rientrante (fuoco). L’immagine restituita dell’osservatore cambia a seconda della sua posizione rispetto al fuoco: se non lo attraversa egli si vede dritto, anche se più alto e grasso; se invece va oltre il fuoco vede la sua figura capovolta perché attraversa il punto in cui i raggi delle due immagini (reale e riflessa) si incrociano. Davanti alla parte concava dei cucchiai l’osservatore è sempre oltre il fuoco, a causa dell’angolo di curvatura della superficie.
Le superfici convesse, come il retro dei cucchiai, deviano la luce verso l’esterno quindi riportano immagini larghe e arrotondate, ma sempre dritte: il fuoco infatti si trova dietro gli specchi. Di conseguenza lo spettatore non si vede capovolto perché non può mai trovarsi oltre il fuoco (cioè dietro lo specchio).

Cosa vuol dire salto carpiato?

È un modo di saltare che da’ il nome a un tipo di tuffo acrobatico, il tuffo carpiato, così chiamato perché il dorso del tuffatore durante il salto ricorda il dorso della carpa quando si tuffa nel lago. Il termine carpiato infatti deriva dal latino carpio, che significa appunto carpa. Nelle gare agonistiche di tuffi la posizione del corpo durante il volo può essere di quattro tipi: tesa (corpo teso e gambe unite), raggruppata (corpo piegato su stesso, ginocchia unite), libera (postura libera ma gambe unite) e carpiata. Nel salto carpiato il busto, con le braccia tese in avanti, si piega sulle anche verso la parte inferiore del corpo, fino ad aderire a gambe e piedi uniti e tesi in avanti e verso l’alto.


Cos’è l’ASCII art?

È un forma d’arte che utilizza i caratteri della tastiera del computer per creare immagini. L’ASCII (American Standard Code for Informations Interchange) è una tabella di caratteri standard presente in tutti i computer che nel 1968 fu scelta dall’ANSI, l’istituto nazionale americano che decide gli standard, come campione per uniformare le comunicazioni tramite le telescriventi.
Per creare un’immagine in ASCII art si può usare un semplice programma di scrittura, come Word. Per prima cosa si sceglie un font, di solito uno a larghezza fissa, cioè con tutti i caratteri larghi uguali come il Courier o il Lucida Console, per facilitare la costruzione della figura. Poi si procede a disegnare contorni, spazi e rilievi agendo sulla formattazione del testo: per esempio per creare le zone d’ombra di un volto le lettere devono essere molto vicine, mentre nelle zone di luce, come occhi o guance è meglio che siano ben distanziate. Anche la scelta delle lettere è importante: per le pupille sono adatte le lettere tonde, come le “o” o le “@”, mentre i contorni hanno bisogno di caratteri stretti, verticali come “i”, “/” , “|”, e orizzontali come “_”, “^”, ”,” o “.”.

Storia È di fatto l’evoluzione dell’arte tipografica, di cui un primo esempio è il topo disegnato con le lettere pubblicato nel libro “Alice nel paese delle meraviglie” del 1865. In seguito, con la comparsa della macchina da scrivere e delle telescriventi si organizzano numerosi concorsi di disegni creati con i caratteri, come la Farfalla di Flora Stacey, del 1898. A metà degli anni ‘60 l’avvento del computer favorì l’ASCII art: all’epoca infatti non esistevano i programmi di grafica, e si utilizzavano i caratteri anche per costruire diagrammi, grafici e disegni elementari, come gli emotycons, tutt’ora attuali. Due raccolte dal titolo “Silly Cows” e “Spy at the wall” sono considerate le prime opere in ASCII art.

Cos’è l’apostasia?

Il termine apostasia letteralmente vuol dire stare lontano, staccarsi (dal greco apò+stasis) e consiste nel rinnegare l’identità storica, culturale e religiosa delle proprie origini. Quasi sempre quando si parla di apostasia ci si riferisce al rifiuto del proprio credo religioso per seguirne un altro o professare l’ateismo, sia da parte di un civile che da parte di un ecclesiastico. Anticamente i preti che abbandonavano il clero venivano perseguitati dalla chiesa e colpiti dalla scomunica. Oggi la Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani riconosce l’apostasia come un diritto civile in nome della libertà di espressione e di credo. Tuttavia in alcuni paesi islamici integralisti l’apostasia (chiamata ridda) è ancora considerata un reato e il murtadd, cioè l’apostata, viene punito se la sua scelta è volontaria, e non forzata, cioè causata da grave pericolo o insanità mentale. Se non si redime a seguito di un periodo di reclusione, affronta la pena di morte. Quest’applicazione giuridica è però da considerarsi in disuso nella maggior parte del mondo musulmano.

In collaborazione con: YahYa Sergio Pallavicini, dirigente della CO.RE.IS (Comunità Religiose Islamiche)

Quali sono le differenze principali fra la chiesa valdese e quella cattolica?

La chiesa valdese fa parte delle confessioni protestanti, e, come la chiesa cattolica romana è di fede cristiana: crede quindi in Dio, Gesù Cristo e Spirito Santo, anche se la “sua” Bibbia non comprende i libri Deuterocanonici, presenti in quella cattolica. Proprio la diversa interpretazione della Bibbia porta a due modi differenti di vivere la cristianità. Secondo i valdesi per esempio Gesù Cristo è l’unico intermediario tra dio e l’uomo, quindi, nelle loro preghiere non si rivolgono mai né alla madre di Gesù (la Madonna per i cattolici) né ai Santi.
I pastori, cioè i “preti” valdesi, non sono ministri di dio come per i cattolici, ma solo esperti di teologia. Si possono sposare, perché secondo i valdesi gli scritti del Nuovo Testamento permettono ai vescovi di farlo, e possono anche essere donne, visto che non vi è indicata alcuna discriminazione di sesso o di razza. Attenendosi strettamente alle Scritture i valdesi non riconoscono l’autorità del papa romano perché lo ritengono una figura che si è costituita nel tempo, e non definita dalla Bibbia.
Sacramenti. I valdesi professano due sacramenti, quelli ordinati da Gesù, cioè il battesimo e la Cena del Signore (l’eucarestia cattolica). La confessione, che porta all’assoluzione dei peccati ad opera del sacerdote cattolico, non viene praticata, perché ogni credente può pentirsi dialogando direttamente con dio senza bisogno di intermediari. Manca anche l’estrema unzione, elargita dal prete cattolico al credente che sta per morire: i fedeli valdesi non devono scontare i loro peccati né in vita né dopo la morte, perché sono già stati tutti espiati dal sacrificio di Cristo sulla croce, e il perdono è un regalo di dio. Infatti le “opere di bene” per il valdese sono solo un segno di gratitudine verso dio e non, come per i cattolici, un contributo alla salvezza dell’anima. Il matrimonio invece viene celebrato, ma non è considerato un sacramento.

Come nascono i simboli delle principali religioni?

La croce latina per i cristiani rappresenta il sacrificio sofferto da Gesù Cristo, condannato a morire in croce per “lesa maestà”, dopo essersi definito figlio di Dio e re dei Giudei. La crocifissione era una punizione pubblica riservata ai sovversivi, molto diffusa in Palestina. Come simbolo religioso la croce era utilizzata già dagli antichi Sumeri, per rappresentare il dio della fertilità.
L’Aum, o om, per la religione induista è il suono primordiale che ha dato origine alla creazione del mondo, manifestazione dell’Aum stesso. Viene citato per la prima volta nei testi Veda, le più antiche scritture induiste: all’inizio dio era senza forma, unico. Un giorno espresse il desiderio: “io sono uno, diventerò molti”, per sperimentare l’amore per l’altro, e questa volontà divenne un suono, l’aum. È rappresentato con una sillaba in Temil, una lingua indiana, che ricorda la testa d’elefante di Ganesh, una delle forme del dio.
La mezzaluna è un simbolo della religione islamica, dall’epoca dell’impero ottomano. Ha però origini molto antiche, anche se incerte: nell’epoca pre-islamica gli antichi Arabi erano conosciuti come i seguaci del culto della Luna e del Sole: Allah era la suprema divinità lunare maschile e Allat la dea solare femminile.
Lo scudo di David è il simbolo della religione ebraica. La stella a sei punte raffigura due piramidi: quella con la punta in alto rappresenta il potere umano, rivolto verso il cielo, il modello divino, e quella con la punta in basso il potere religioso, che ispira all’uomo le leggi. Le sue origini precedono l’ebraismo: si trovano esagrammi incisi su antichi templi indiani, per indicare il perfetto equilibrio tra dio e l’uomo, ma anche come amuleto in pratiche occulte di diverse civiltà antiche, come i Greci o gli Egizi.
La svastica, o croce uncinata è il simbolo principale del Giainismo, una religione indiana, ma la si trova anche in altre tradizione: per esempio incisa sulle porte di templi induisti, o per indicare le orme del Budda. È composta da quattro assi che terminano con un “uncino” rivolto a sinistra, e rappresenta il movimento solare e le quattro direzioni cosmiche. Ha origini probabilmente in Mesopotamia, come simbolo di porta fortuna e fertilità.

Che differenza c’è tra placca e tartaro?

La placca è un sottile strato adesivo di batteri della cavità orale, che si forma costantemente sopra la superficie dei denti. Questi batteri reagiscono col cibo, e aumentano di numero grazie al contatto con alcune sostanze presenti nei cibi che ingeriamo, come il glucosio, negli alimenti zuccherati, il lattosio, nel latte, o l’amido. Queste sostanze favoriscono l’aumento dei batteri della placca, e la loro adesione ai denti.
Il tartaro è un’evoluzione della placca: quest’ultima infatti, se non viene costantemente rimossa con lo spazzolino da denti, si mineralizza a causa dei depositi di sali di calcio, diventando una sostanza calcarea molto dura, che può essere eliminata solo dal dentista tramite apparecchi meccanici o ad ultrasuoni. Placca e tartaro si depositano maggiormente sul margine gengivale dei denti, o tra un dente e l’altro, e rilasciano sostanze acide che rimangono incollate alle superfici, provocando gengiviti (quando irritano le gengive) o carie (quando intaccano lo smalto dei denti).

Che cosa significa naif?

Significa ingenuo, semplice, primitivo, e deriva dal latino “nativus”, cioè “colui che nasce, che inizia”, “donato dalla natura”. È un aggettivo francese per lo più utilizzato per definire un atteggiamento espressivo proprio degli artisti autodidatti, che dipingono in maniera istintiva, senza cioè seguire tecniche accademiche o correnti stilistiche.
I quadri naif si riconoscono dai colori forti, dal tratto elementare, e dalle prospettive irreali, con cui in genere vengono rappresentate, in chiave semplice e fantasiosa, scene di vita rurale o familiare. Le prime opere sono dell’inizio del XX secolo, firmate da autori per la maggior parte di umile estrazione sociale. Tra i più famosi:“L’incantatrice di serpenti”, di Henri Rousseau (Francia), detto il Doganiere, “Leopardo con serpente” di Antonio Ligabue (Italia) e “Let me help” di Grandma Moses (Stati Uniti), entrambi contadini. Meno conosciuti sono i naif Hippolyte ad Haiti, Generalic nell’ex-Jugoslavia, Radi Nedelchev in Bulgaria e, oltreoceano, l’argentino Candido Lopez.
Scultura naif. È il “Palais idèal” (Hauterives - Francia), un palazzo che Ferdinand Cheval ha costruito da solo, utilizzando pietre che raccoglieva durante le ore di lavoro (faceva il postino). Il tempo impiegato per completarlo è segnato su una delle facciate: 10 mila giorni e 93 mila ore, cioè 33 anni (1879-1912).

Qual è il libro più antico del mondo?

Il primo libro stampato è un’edizione della Bibbia, realizzata nel 1455 da Johann Gutenberg, un tipografo tedesco che per primo perfezionò la tecnica della stampa. È tutt’altro che tascabile: pesa 7.5 kg e misura circa 30 per 40 cm, come il volume di un’enciclopedia. Non che prima non esistessero libri, anzi: la scrittura è sempre stata una forma di espressione importante per gli uomini. Uno dei manoscritti più antichi è conservato al Museo di Storia Nazionale di Sofia, in Bulgaria: sei pagine scritte in lingua etrusca, con disegni di cavalli, una sirena, un’arpa e dei soldati. È molto prezioso, non solo perché risale a più di 2500 anni fa, ma anche per le sue pagine dorate a 24 carati!

Come fa la posta elettronica ad arrivare in un istante dall’altra parte del mondo?

Una e-mail è un file digitale composto da tanti bit, cioè da impulsi elettrici che vanno alla velocità della luce…o quasi. Questi vengono trasmessi da un computer all’altro attraverso dei canali, che possono essere di vetro nelle linee veloci (fibre ottiche), o di rame in quelle telefoniche. Tramite le fibre ottiche la nostra e-mail corre ad una velocità di 200.000 km al secondo (cioè due terzi di quella della luce), mentre nei cavi del telefono viaggia più lenta, percorrendo circa 70.000 km al secondo.
Dato che la circonferenza della Terra misura 40.000 km, in un secondo un’e-mail può arrivare a fare cinque volte il giro del mondo con le linee veloci, e ”solo” una volta e mezza attraverso la linea del telefono.

Con quanti nomi è chiamato dio nella Bibbia?

Nell’Antico Testamento il nome che ricorre più frequentemente è Yhwh (6800 volte), ed è considerato il nome proprio di Dio, perché così egli si rivela a Mosè nel libro dell’Esodo (3:14): “Io sono colui che è”. Yhwh ha la stessa radice del verbo essere (hawah in ebraico antico), ma la sua pronuncia è incerta, perché la lingua scritta ebraica non ha consonanti. Yahweh è l’ipotesi più accreditata e si ritiene che derivi dalla pronuncia samaritana del nome divino (in greco Jabe). L’italiano Geova deriva dal latino Jehova, e sarebbe il risultato della vocalizzazione fatta ad opera dei Masoreti, i rabbini ebrei che inserirono nel tetagramma le vocali di Adhonay, “mio Signore”. Il risultato, Yhowah, sarebbe servito agli ebrei, che non pronunciano il sacro nome di Dio per precetto, per ricordarsi di sostituirlo con Adhonay (compare 400 volte). Elohim, che troviamo nel primo verso della Genesi (“In principio Dio creò il cielo e la terra.”) è molto più frequente (2500 volte): è il plurale di “el”, che significa potente, e indica la forza creatrice della Trinità. Altri attributi frequenti: Dio onnipotente (El Shaddaj), l’Altissimo (El Elyon), Dio d’Israele (El-Elohè-israel), Dio eterno (El-olam) Dio padre (Abba). Nel nuovo testamento Yahweh non compare mai, ma sono molto frequenti il Signore (Kyrios in greco), il Nome, e l’Eterno. La versione francese della Bibbia di Gerusalemme, redatta nel 1955 ad opera dei domenicani, sostituisce Yahweh con gli altri epiteti, di cui il più frequente è il Signore. La stessa cosa, per rispetto verso gli Ebrei, tendono a farla le altre traduzioni moderne della Bibbia.


In collaborazione con:
Jean Louis P. Ska, biblista del Pontificio Istituto Biblico di Roma.

Qual è la serie di cartoni animati più lunga della storia?

Sazae San è un cartone animato giapponese che vanta più di 1800 episodi. La prima puntata fu trasmessa il 5 ottobre 1969 su Fuji Television e dopo quasi quarant’anni va in onda ancora oggi ogni domenica sera dalle 18.30 alle 19.00. Il cartone animato è ripreso dal fumetto omonimo creato da Machiko Hasegawa. (1920-1992) nel 1946: Sazae è una donna di 23 anni che vive assieme ai genitori, al fratello e alla sorella più piccoli, al marito, e al figlioletto. Insieme affrontano le piccole sfide del quotidiano con humor e leggerezza, rappresentando la società in cui il pubblico giapponese si identifica. Il cartone animato è talmente popolare che in Giappone un uomo che vive nella casa dei propri suoceri spesso viene chiamato Masuo-san, come il marito di Sazae. Nel corso degli anni si sono aggiunti nuovi personaggi che, come quelli originali, portano tutti un nome che ricorda il mare (Sazae per esempio è un tipo di crostaceo).
Primati. Nel 2006 I Simpson, la famosa serie animata ripresa da un fumetto di Matt Groeing del 1978, hanno conquistato il Guinness dei primati per la serie più lunga trasmessa in america in prima serata: al primo episodio, Bart The genius, se ne sono aggiunti altri 366 durante 17 anni e mezzo di programmazione.

Quale Paese della Terra ha la più bassa densità di popolazione?

La Mongolia, con un tasso demografico di 1.58 abitanti per kmq. 
Secondo una stima del 2003, i mongoli sono 2.472.000, distribuiti su 1.564.160 kmq.
Per capire quanto questi dati siano esigui, basta confrontarli con quelli di Monaco, lo stato a più alta densità della terra, il cui tasso è di 16.410 residenti per kmq, 32.000 in tutto, su una superficie di appena 1.95 kmq.
Gli aspetti territoriali e climatici della Mongolia ne rendono difficile la crescita demografica. Circa un terzo dei mongoli (760.077) vive nella capitale, Ulan-Bator, che è una delle città più fredde del mondo, con temperature che scendono anche a 50° sotto zero. Il resto è sparso tra le steppe, sulle montagne o nel Gobi, il deserto più vasto dell’Asia, che occupa gran parte del territorio mongolo.
È un popolo molto giovane: il 70% ha un’età compresa tra i 15 e i 30 anni, ma la loro aspettativa di vita, in media, è di soli 63 anni (80 per gli italiani). Di religione prevalentemente buddista, i mongoli sono divisi in circa venti gruppi etnici, con abitudini e tradizioni differenti.
Oltre a detenere il Guinness 1999 per il tasso demografico più basso del mondo, la Mongolia ha vinto, nel 1997, anche quello dello stato con la più alta percentuale di persone proprietarie di un’abitazione (100%).

Saperne di più:
Calendario Atlante De Agostini 2005


Qual è il miglior ristorante del mondo?

Secondo il Restaurant magazine, celebre rivista inglese di gastronomia, il migliore del 2005 è The Fat Duck (l’anatra grassa), un ristorante inglese che si trova a Bray-on-Thames, un piccolo villaggio del Berkshire, a ovest di Londra.
A deciderlo sono stati 600 tra chef e critici gastronomici di fama mondiale, che ad aprile hanno assegnato il prestigioso award annuale dei top 50.
Il merito va allo chef Heston Blumenthal, che grazie alla gastronomia molecolare, un’avanzata tecnica di cucina basata sui principi chimici che regolano la struttura degli alimenti, crea combinazioni particolari come la cioccolata al cuoio ed il salmone alla liquirizia.
Tre portate al Fat Duck possono costare circa 67 pounds e 75 pence, poco più di 1 euro. Eccone alcune: vellutata di fagioli borlotti con rosmarino e vaniglia, maccheroni al tartufo gratinati, risotto di zucca con nocciole e rosmarino, vellutata di finocchio con limone ed ostrica, sorbetto di rabarbaro, gratèn di patate e spalla d’agnello con gelatina di carne.
Piatti ottimi ma…poco puliti. Secondo il quotidiano inglese the Guardian nel febbraio 2004 un'ispezione del locale ufficio d'igiene ha giudicato le condizioni igieniche del ristorante al di sotto della norma. Da allora Blumenthal ha imposto regole molto severe in cucina.
http://www.50bestrestaurants.co.uk/

Perché in Italia al telefono si dice “pronto” e negli altri paesi “ciao”?

Generalmente i modi di rispondere al telefono derivano dalle formule che usavano i primi operatori telefonici. In Italia, quando il collegamento tra due interlocutori si attivava l’operatore avvertiva quello che aveva chiamato dicendo appunto: “Pronto!”, cioè “la connessione è pronta, puoi iniziare a parlare”. Negli Stati Uniti si risponde dicendo “Hello?” in tono interrogativo, come per dire “Si, chi parla?”. Alexander Graham Bell che brevettò il telefono nel 1876, nei suoi primi esperimenti chiamava: “Ahoy ahoy!”, per capire se qualcuno dall’altra parte del filo riusciva a sentirlo, come a dire: “C’è qualcuno?”. “Ahoy”, da cui deriva “Haloo” e poi “Hello”, era anche il segnale d’imbarco per i passeggeri che aspettavano una nave. Nel 1877 Thomas Edison, in una lettera al presidente della Compagnia del Telegrafo di Pittisburgh scrisse che secondo lui il modo migliore di rispondere al telefono era proprio “Hello”. Il suo consiglio fu sicuramente seguito, tanto che nel 1899 le operatrici telefoniche erano soprannominate “Hello girls”.
In Europa i primi telefoni arrivavano dall’America, e con loro anche i primi operatori che si occupavano dei collegamenti. Per questo ancora oggi in Francia si dice “Allo”, in Spagna “Hola”, in Cina “Wei” e in Giappone “Moshi moshi”. Tuttavia alcuni paesi seguono altre regole: in Germania si risponde dicendo come prima cosa il proprio cognome, in Inghilterra anche, oppure pronunciando il proprio numero di telefono, in Olanda al cognome si aggiunge il nome, in Russia si usa il francese “Allo” ma anche “Da”, cioè “si”, in Messico si dice spesso “Bueno” e in Spagna “Diga”, cioè “Parla pure”. Le risposte telefoniche più affettuose sono quelle dei Paesi arabi, dove come prima cosa ci si augura una giornata piena di bene e protetta da dio.

Esiste la sindrome di down fra le persone di colore ?

La sindrome di Down deve il suo nome e la sua scoperta al dottor John Langdon Down, che nel 1866 pubblicò uno studio fatto su un gruppo di bambini che presentavano un simile grado di ritardo mentale e le stesse caratteristiche somatiche. Da allora, la falsa credenza che esistesse una razza “strana” e diversa lasciò il posto a una precisa diagnosi medica di una malattia congenita, e questi bambini iniziarono finalmente ad essere considerati come persone normali.
Anche i ragazzi di colore possono essere affetti da sindrome di Down, ma solo recenti studi hanno dimostrato che hanno le stesse caratteristiche dei pazienti di altre etnie.
In Africa però i bambini Down hanno un problema in più: infatti nella maggior parte dei casi l’handicap viene diagnosticato tardi o non viene affatto riconosciuto. Questo problema non è dovuto al fatto che è più difficile riconoscere come Down un bambino di colore, ma alla poca preparazione in merito a questa patologia di medici e personale ospedaliero degli stati in via di sviluppo. A causa delle tante mancate diagnosi la sindrome di Down è tra le principali cause di mortalità infantile in Africa.

Qual è l’orologio più preciso al mondo?

L’orologio più preciso del mondo..non può segnare le ore? Com’è possibile?
Il NIST F-1 non ha lancette né rotelle meccaniche perché è atomico, cioè misura il tempo usando raggi laser, specchi e nubi di atomici di cesio, un metallo piuttosto raro. È talmente perfetto che non perderà o guadagnerà un secondo nemmeno tra 20 milioni di anni.
Ad essere precisi il suo compito è quello di misurare la durata di un secondo, che nel 1956, calcolato in basa alla rotazione terrestre era definito come la 86.400esima parte del giorno solare medio, come dire che in un giorno ci sono 86400 secondi. Ma la terra non impiega sempre lo stesso tempo a girare su se stessa, quindi ogni giorno ha una durata diversa.
Così a partire dal 1967 per misurare la durata del secondo al posto della rotazione della terra si utilizzano dagli atomi, in particolare la loro capacità di emettere onde elettromagnetiche. In condizioni determinate è infatti possibile inondare di energia un atomo, che così si mette a vibrare, come se fosse la corda di una chitarra; con queste oscillazioni l’energia viene resa sotto forma di onda elettromagnetica, la cui frequenza in hertz è pari al numero di oscillazioni contenute in un secondo.

Il primo orologio atomico però viene realizzato già nel 1949 dal fisico americano Harold Lyons, e utilizza le vibrazioni delle molecole di ammoniaca, per cui il secondo è definito come il tempo necessario alla molecola di ammoniaca per vibrare 24 milioni di volte.
Dal 1955 l’ammoniaca viene sostituita dal cesio 33, trattato seguendo lo stesso principio: inzuppare gli atomi di energia per poi calcolare la frequenza delle onde emesse.

Nel 1999 nasce il NIST F-1, il più preciso al mondo, altrimenti detto “orologio a fontana” perché gli atomi di cesio vengono sollevati verso l’altro, come un getto di acqua verticale.
Sulla base di questo orologio l'Ente Internazionale dei Pesi e delle Misure, vicino Parigi, conserva il documento ufficiale che stabilisce la definizione del secondo: il tempo nel quale avvengono 9.192.631.770 oscillazioni dell'atomo di cesio 133.
Il prossimo orologio atomico andrà in orbita a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. Non sarà così più soggetto alla gravità terrestre e quindi la sua precisione di calcolo del tempo aumenterà ulteriormente.

Il gesto del "vaffa" è uguale in tutto il mondo?

Esistono tanti modi per dire “vaffa” con le mani, ma probabilmente “il dito” è quello più diffuso al mondo, ed è anche uno dei gesti più antichi che si conoscano. Nell’antica Roma era talmente comune che il dito medio veniva definito “impudicus”, cioè indecente.
I gesti fallici sono semplici segni di erezioni simboliche, e assumono forme differenti a seconda di tradizioni e culture. Oltre al dito medio l’erezione viene indicata con il pollice, il medio e l’indice uniti, o con il pugno e l’avambraccio. In Libano persino con la lingua, oscillata da una parte all’altra della bocca.
In alcuni casi è l’organo femminile a essere protagonista del ”vaffa”: per esempio in Russia si forma una “O” con i polpastrelli dell’indice e del pollice, come insulto rivolto generalmente a un omosessuale.
Alcuni gesti possono generare confusione perché oltre a quello offensivo hanno altri significati. In Italia per esempio il pollice inserito tra l’indice e il medio è uno scherzo per dire “ti ho preso il naso”, mentre in Grecia vuol dire “fare la fica”: il pollice rappresenta il pene che si inserisce nell’organo femminile.

Cosa significa o.k.?

Ormai è cosa risaputa: vuol dire che tutto va bene, che stiamo bene o siamo d’accordo con qualcuno. Non tutti sanno però che è un acronimo, cioè una parola le cui lettere sono le iniziali di altre due parole. Probabilmente è stata “inventata” dalle truppe statunitensi durante la seconda guerra mondiale: quando un reparto andava in missione al ritorno doveva segnalare il numero di militari persi in battaglia. Nel caso in cui tutti i militari fossero sopravvissuti il comandante faceva rapporto ai suoi superiori usando l’acronimo O.K., cioè zero killed, che in italiano vuol dire “nessuno ucciso”. La sigla ha quindi cominciato ad assumere il significato di conferma positiva, usato in generale per dire che “va tutto bene”.
Quando “è tutto ok” spesso si sottolinea il concetto unendo il pollice e l’indice a formare una O. Questo gesto era già noto nel I secolo d. C. come segno di approvazione, e si è diffuso in occidente grazie all’influenza americana.
E se invece va tutto storto?
Spesso si dice: sonoa K.O. Questo acronimo però è nato nel mondo del pugilato, ed è l’abbreviazione dell’inglese knock out, che significa “fuori combattimento”.

U... sanze straniere

OK Il segno fatto con il pollice che per noi significa "OK" per i brasiliani significa "grazie" e in INDONESIA significa "dopo di te ".
In Cina e giappone ( ma anche in altri paesi asiatici) per indicare qualcuno bisogna farlo con la mano intera anzichè un dito. Se andate ad una festa non vestitevi di bianco perchè è il colore del lutto.
Marocco Leccarsi le dita delle mani durante un pasto vuol dire: "sono sazio".
Stati uniti Capita di trovare qualcuno che mangia con la mano sinistra sotto il tavolo ( usanza derivata dal selvaggio West, quando la mano nascosta era pronta ad afferrare il revolver ).
In Russia in molte case di paese non esistono i campanelli. Per chiamare qualcuno, o gli si telefona prima, o ci si fa aprire da un altro e poi si bussa alla porta, o si chiama dalla strada.
Al Cairo se nessuno è buona usanza ruttare per indicare di apprezzare il cibo, ma guai a guardare il proprio vicino mentre mangia! Occhi fissi sul piatto.
In Giappone e' considerato maleducato soffiarsi il naso in pubblico, soprattutto a tavola.
Lituania se, mentre fai colazione, intingi un biscottino o una brioche nella tazza del caffelatte si mettono a ridere, è una cosa che fanno solo i vecchietti.

Con quanti nomi è chiamato dio nella Bibbia?

Nell’Antico Testamento il nome che ricorre più frequentemente è Yhwh (6800 volte), ed è considerato il nome proprio di Dio, perché così egli si rivela a Mosè nel libro dell’Esodo (3:14): “Io sono colui che è”. Yhwh ha la stessa radice del verbo essere (hawah in ebraico antico), ma la sua pronuncia è incerta, perché la lingua scritta ebraica non ha consonanti. Yahweh è l’ipotesi più accreditata e si ritiene che derivi dalla pronuncia samaritana del nome divino (in greco Jabe). L’italiano Geova deriva dal latino Jehova, e sarebbe il risultato della vocalizzazione fatta ad opera dei Masoreti, i rabbini ebrei che inserirono nel tetagramma le vocali di Adhonay, “mio Signore”. Il risultato, Yhowah, sarebbe servito agli ebrei, che non pronunciano il sacro nome di Dio per precetto, per ricordarsi di sostituirlo con Adhonay (compare 400 volte). Elohim, che troviamo nel primo verso della Genesi (“In principio Dio creò il cielo e la terra.”) è molto più frequente (2500 volte): è il plurale di “el”, che significa potente, e indica la forza creatrice della Trinità. Altri attributi frequenti: Dio onnipotente (El Shaddaj), l’Altissimo (El Elyon), Dio d’Israele (El-Elohè-israel), Dio eterno (El-olam) Dio padre (Abba). Nel nuovo testamento Yahweh non compare mai, ma sono molto frequenti il Signore (Kyrios in greco), il Nome, e l’Eterno. La versione francese della Bibbia di Gerusalemme, redatta nel 1955 ad opera dei domenicani, sostituisce Yahweh con gli altri epiteti, di cui il più frequente è il Signore. La stessa cosa, per rispetto verso gli Ebrei, tendono a farla le altre traduzioni moderne della Bibbia.


In collaborazione con:
Jean Louis P. Ska, biblista del Pontificio Istituto Biblico di Roma.

Perché si dice che le coccinelle portano fortuna?

Nei racconti mitologici le coccinelle sono legate alle dee della fortuna e dell’abbondanza, grazie al loro colore rosso, considerato di buon auspicio. In seguito sono state “adottate” dalla religione cattolica, infatti sono anche dette “gallinelle della madonna”e “scarabei della madonna”. Coccinella in inglese si dice ladybird, cioè “uccellino della donna“ o “insetto della donna“ (ladybug), e in russo “femmina del Signore” (God’s cow). In Finlandia il termine marienvoglein (“insetto di Maria”), ha preso il posto di freyuhaena, in onore a Freya, la dea dell’abbondanza nella mitologia scandinava.
Alcune leggende: nel nord Europa si dice che quando una coccinella ti sfiora si avvera un desiderio. In Italia se entra in camera da letto porta fertilità; se si posa addosso porta fortuna per un numero di mesi pari a quello di punti neri presenti sulle sue elitre rosse. Se invece si posa sulla mano di una ragazza nubile, si sposerà presto.
L’aspetto gradevole delle coccinelle è in realtà un’arma di difesa contro i predatori che associano i colori brillanti al veleno: quelle adulte infatti emettono dalle zampe sostanze di un odore sgradevole, che possono risultare tossiche per i piccoli carnivori come lucertole o uccelli.

Dove finiscono le copie dei giornali non venduti e portati al macero?


La gestione delle copie invendute, dette anche “rese”, viene affidata dagli editori ad aziende specializzate che, prima di portare i giornali al macero, hanno il compito di prelevarli dalle edicole, contarli e dividere le copie da riconsegnare all’editore sotto sue indicazioni da quelle da smaltire. Da queste ultime vengono tolti eventuali involucri di cellophane e allegati, come dvd, borse, ecc., che rappresentano rifiuti speciali.
Una volta liberati da tutto ciò che non è carta questi giornali, sempre su direttiva dell’editore, vengono macerati, cioè messi in grandi vasche chiamate presse, triturati e sminuzzati. La carta così ottenuta viene imballata e presa in consegna dalle aziende che si occupano del recupero della carta da riciclo, dove, tramite sostanze chimiche, viene ripulita dall’inchiostro e spappolata. La pasta che si ricava alla fine di questo processo diventa carta riciclata, usata per la maggior parte per confezionare materiale per imballaggi, come le scatole o gli strati esterni delle confezioni alimentari, oppure prodotti di tipo igienico-sanitario.

Chi ha inventato lo smalto per le unghie?

Il primo smalto fu inventato nel 1932 dai fratelli Charles e Joseph Revson, e dal chimico Charles Lachman. I tre insieme fondarono la Revlon, un’azienda cosmetica tutt’ora sul mercato, mettendo a punto i famosi Red Revlon, cioè le prime tinte che colorano e lucidano le unghie. La loro composizione era una variazione delle vernici per automobili, anche se negli anni successivi le ricerche dei laboratori cosmetici ne migliorarono componenti e pigmenti. Lo smalto però divenne popolare solo nel 1940, grazie ai film di Rita Hayworth e alle sue mani dalle unghie lunghe e rosse.
Le prime testimonianze su quest’abitudine cosmetica risalgono al 3000 a.c. e si ritrovano sia in Cina che in Egitto, dove il colore delle unghie indicava l’appartenenza sociale: nelle corti dinastiche cinesi ai ranghi più alti erano riservati i colori dorati e argentati, agli altri i colori pastello. Dal primo secolo dopo Cristo divennero di moda i colori più forti come il rosso e il nero. Per tingere si usavano impasti di gomma arabica, albumi, gelatina e pigmenti naturali. In Egitto invece si utilizzava l’hennè, un insieme di erbe tutt’ora diffuso per colorare unghie e capelli, ma anche per creare tatuaggi temporanei. Lo smalto moderno invece è un composto a base di pigmenti colorati e sostanze chimiche, collodio elastico o celluloide, sciolte in acetone o altre soluzioni alcoliche.

Perché si dice che le coccinelle portano fortuna?

Nei racconti mitologici le coccinelle sono legate alle dee della fortuna e dell’abbondanza, grazie al loro colore rosso, considerato di buon auspicio. In seguito sono state “adottate” dalla religione cattolica, infatti sono anche dette “gallinelle della madonna”e “scarabei della madonna”. Coccinella in inglese si dice ladybird, cioè “uccellino della donna“ o “insetto della donna“ (ladybug), e in russo “femmina del Signore” (God’s cow). In Finlandia il termine marienvoglein (“insetto di Maria”), ha preso il posto di freyuhaena, in onore a Freya, la dea dell’abbondanza nella mitologia scandinava.
Alcune leggende: nel nord Europa si dice che quando una coccinella ti sfiora si avvera un desiderio. In Italia se entra in camera da letto porta fertilità; se si posa addosso porta fortuna per un numero di mesi pari a quello di punti neri presenti sulle sue elitre rosse. Se invece si posa sulla mano di una ragazza nubile, si sposerà presto.
L’aspetto gradevole delle coccinelle è in realtà un’arma di difesa contro i predatori che associano i colori brillanti al veleno: quelle adulte infatti emettono dalle zampe sostanze di un odore sgradevole, che possono risultare tossiche per i piccoli carnivori come lucertole o uccelli.

Cos’è l’acchiappasogni?



È un oggetto di manifattura tipico degli Indiani d’America, che viene appeso sopra i letti per trattenere gli incubi della notte. Nella lingua della tribù dei Chippewa acchiappasogni si dice
asabikeshiinh, cioè ragnatela: è infatti costituito da una rete fissata all’interno di un cerchio in salice, sul quale vengono appesi oggetti simbolici o di abbellimento, come piume e perline.
La prima testimonianza scritta sull’esistenza di quest’oggetto risale al 1929, quando la studiosa Frances Densmore descrisse un cerchio magico in cui era tessuta una rete, usato dai Chippewa per catturare i demoni.
Esistono molto leggende sulle origini dell’acchiappasogni anche se quelle reali rimangono incerte. Secondo una leggenda dei Chippewa per esempio la Donna della Medicina ordinò alle giovani madri del suo villaggio, preoccupate perché gli incubi continuavano a disturbare il sonno dei loro piccoli, di tessere una rete attorno a un cerchio di acero con uno spago urticante, lasciando al centro un’apertura, e di colorarla di rosso con le erbe sacre. I sogni dello Spirito Benefico sarebbero volati dalle piume magiche attaccate al cerchio nel sonno dei bambini attraverso il buco al centro, mentre quelli dello Spirito Cattivo sarebbero rimasti imprigionati nella rete, per scomparire alle prime luci del giorno.